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Preghiera per i Caduti in guerra
di Padre Luigi Coluzzi O.S.M., 1952
Dal profondo grido a Te, o Signore; o Signore, ascolta la mia voce!
Dona a tutti i morti a causa della guerra la beatitudine della pace, lo splendore della luce, il gaudio dell'eterno amore e dell'eterna gloria.
Guarda propizio specialmente quelli che sono caduti sul campo di battaglia, non esitando di fronte al sacrificio supremo e si immolarono in silenziosa semplicità nel compimento del loro dovere.
Tutti quei Defunti che ci hanno preceduto col segno della Fede e dormono nel sonno della pace, che avendo ottenuto il perdono delle colpe non avessero ancora meritato la remissione della pena, possano presto dal Purgatorio salire al Paradiso, accolti dagli Angeli, dai Santi, dalla Santissima Vergine, da Dio. Così sia!

Milite Ignoto
Poesia patriottica di Maria Pia Paravia, 2010
Pallida e fredda è la luna
che veglia il sonno
di chi nel ghiaccio marmo riposa
e sogna.
Sogna, in un sonno senza risveglio,
la madre dalle mani stanche
l’aratro che lento si muove
in un tramonto di fuoco.
Nel fuoco si rivede
con il cuore tremante
quando con un addio alla vita negata
avverte il suo ultimo battito.
Un battito di ali pietose
lo conduce nell’infinito
rivede i suoi compagni d’arme
e i nuovi fermenti della Patria.
Una Patria senza re e senza guerre
senza pane e senza case
uomini nuovi rinnovano leggi e patti
ritorna a splendere il sole.
​
Il sole illumina fabbriche e caseggiati
con la percezione di una vita migliore
la distruzione si dilegua vergognosa
dalla guerra e dalle lotte fratricide.
Le lotte dei conflitti di classe
rivendicano nuovi eroi
vili attentati arrossano le strade
non c’è pace in assenza di guerra.
In assenza di guerra
sorge un’Italia spensierata
che dirige i suoi passi al veloce progresso
la Patria dimenticata partorisce il Paese.
In un Paese rinnovato i giovani,
che non vissero le atrocità della guerra
né conobbero fame ed oppressione,
varcano, al passo di danze importate, la soglia di una nuova epoca.
Un’epoca di grandi mutamenti
di nuove ed attese speranze
di forze occulte e contrastanti
di cladogenesi democratiche.
Nell’unità dell’infinito
il Milite Ignoto attende
con cuore bambino il nuovo giorno
ed invoca per l’Italia pace e prosperità.

Al soldato caduto
Poesia patriottica di Renzo Pezzani, 1919
Nessuno, forse, sa più
perché sei sepolto lassù
nel camposanto sperduto
sull’alpe, soldato caduto.
​
Nessuno sa più chi tu sia,
soldato di fanteria,
coperto di erba e di terra,
vestito del saio di guerra,
l’elmetto sulle ventitré.
​
Nessuno ricorda perché,
posata la vanga, il badile,
portando a tracolla il fucile,
salivi sull’alpe; salivi,
cantavi e di piombo morivi,
ed altri moriron con te.
​
Ed ora sei tutto di Dio.
Il sole, la pioggia, l’oblio
t’han tolto anche il nome d’in fronte.
Non sei che una croce sul monte
che dura nei turbini e tace,
custode di gloria e di pace.

Marzo 1821
Ode patriottica di Alessandro Manzoni, 1821
ALLA ILLUSTRE MEMORIA
DI
TEODORO KŒRNER
POETA E SOLDATO
DELLA INDIPENDENZA GERMANICA
MORTO SUL CAMPO DI LIPSIA
IL GIORNO XVIII D’OTTOBRE MDCCCXIII
NOME CARO A TUTTI I POPOLI
CHE COMBATTONO PER DIFENDERE
O PER RICONQUISTARE
UNA PATRIA
Soffermati sull’arida sponda,
Volti i guardi al varcato Ticino,
Tutti assorti nel novo destino,
Certi in cor dell’antica virtù,
Han giurato: Non fia che quest’onda
Scorra più tra due rive straniere:
Non fia loco ove sorgan barriere
Tra l’Italia e l’Italia, mai più!
L’han giurato: altri forti a quel giuro
Rispondean da fraterne contrade,
Affilando nell’ombra le spade
Che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
Già le sacre parole son porte:
O compagni sul letto di morte,
O fratelli su libero suol.
Chi potrà della gemina Dora,
Della Bormida al Tanaro sposa,
Del Ticino e dell’Orba selvosa
Scerner l’onde confuse nel Po;
Chi stornargli del rapido Mella
E dell’Oglio le miste correnti,
Chi ritoglierli i mille torrenti
Che la foce dell’Adda versò,
Quello ancora una gente risorta
Potrà scindere in volghi spregiati,
E a ritroso degli anni e dei fati,
Risospingerla ai prischi dolor:
Una gente che libera tutta,
fia serva tra l’Alpe ed il mare;
Una d’arme, di lingua, d’altare,
Di memorie, di sangue e di cor.
Con quel volto sfidato e dimesso,
Con quel guardo atterrato ed incerto,
Con che stassi un mendico sofferto
Per mercede nel suolo stranier,
Star doveva in sua terra il Lombardo;
L’altrui voglia era legge per lui;
Il suo fato, un segreto d’altrui;
La sua parte servire, e tacer.
O stranieri, nel proprio retaggio
Torna Italia, e il suo suolo riprende;
O stranieri, strappate le tende
Da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote,
Dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
Sotto il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui vostri stendardi
Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;
Un giudizio da voi proferito
V’accompagna all’iniqua tenzon;
Voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera;
Ogni gente sia libera, e pera
Della spada l’iniqua ragion.
Se la terra ove oppressi gemeste
Preme i corpi de’ vostri oppressori,
Se la faccia d’estranei signori
Tanto amara vi parve in quei dì;
Chi v’ha detto che sterile, eterno
Saria il lutto dell’Itale genti?
Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
Saria sordo quel Dio che v’udì?
Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
Chiuse il rio che inseguiva Israele,
Quel che in pugno alla maschia Giaele
Pose il maglio, ed il colpo guidò;
Quel che è padre di tutte le genti,
Che non disse al Germano giammai:
Va’, raccogli ove arato non hai;
Spiega l’ugne; l’Italia ti do.
Cara Italia! dovunque il dolente
Grido uscì del tuo lungo servaggio;
Dove ancor dell’umano lignaggio
Ogni speme deserta non è;
Dove già libertade è fiorita,
Dove ancor nel segreto matura,
Dove ha lacrime un’alta sventura,
Non c’è cor che non batta per te.
Quante volte sull’Alpe spiasti
L’apparir d’un amico stendardo!
Quante volte intendesti lo sguardo
Ne’ deserti del duplice mar!
Ecco alfin dal tuo seno sbocciati,
Stretti intorno a’ tuoi santi colori,
Forti, armati de’ propri dolori,
I tuoi figli son sorti a pugnar.
Oggi, o forti, sui volti baleni
Il furor delle menti segrete:
Per l’Italia si pugna, vincete!
Il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
Al convitto de’ popoli assisa,
O più serva, più vil, più derisa
Sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
Come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
Dovrà dir sospirando: io non c’era;
Che la santa vittrice bandiera
Salutata quel dì non avrà.

Veglia
Poesia patriottica di Giuseppe Ungaretti, 1915
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

A un compagno
Poesia patriottica di Corrado Alvaro, 1916
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
Non dire alla povera mamma
che io sia morto solo.
Dille che il suo figliolo
più grande, è morto con tanta
carne cristiana intorno.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
non vorranno sapere
se sono morto da forte.
Vorranno sapere se la morte
sia scesa improvvisamente.
Dì loro che la mia fronte
è stata bruciata là dove
mi baciavano, e che fu lieve
il colpo, che mi parve fosse
il bacio di tutte le sere.
Dì loro che avevo goduto
tanto prima di partire,
che non c’era segreto sconosciuto
che mi restasse a scoprire.
Che avevo bevuto, bevuto
tanta acqua limpida, tanta,
e che avevo mangiato con letizia,
che andavo incontro al mio fato
quasi a cogliere una primizia
per addolcire il palato.
Dì loro che c’era gran sole
pel campo, e tanto grano
che mi pareva il mio piano;
che c’era tante cicale
che cantavano; e a mezzo giorno
pareva che noi stessimo a falciare,
con gioia, gli uomini intorno.
Dì loro che dopo la morte
è passato un gran carro
tutto quanto per me;
che un uomo, alzando il mio forte
petto, avea detto: Non c’è
uomo più bello preso dalla morte.
Che mi seppellirono con tanta
tanta carne di madri in compagnia
sotto un bosco d’ulivi
che non intristiscono mai;
che c’è vicina una via
ove passano i vivi
cantando con allegria.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.